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In tempo di crisi più sorrisi e più autoctono

luigi-cremona.jpg “Romano de Roma”, classe 1945, l’ingegnere Luigi Cremona coltiva due grandi passioni: i viaggi e l’enogastronomia. Per questo ha fatto dapprima il giro del mondo, fra l’Alaska, la Corea, la Terra del Fuoco fino al deserto del Kalahari, l’Himalaia e altro ancora, ma adesso gira l’Italia in lungo in largo con una sola mission: comunicare la gastronomia e i vini che l’accompagnano. Con lui parliamo di ristorazione e vino.

 

 

Facciamo il punto sulla ristorazione italiana?

Qui si potrebbe scrivere un libro e un’enciclopedia, nasce da semplici trattorie familiari e man mano si sta evolvendo e speriamo che nell’evolversi non si perda quello già costruito. Ci si sta diversificando sempre, non è solo il ristorante di qualità ma ci sta l’agriturismo, le botteghe di qualità che offrono anche da mangiare, si sta assistendo a un aumento di quantità, ci si differenza come stile, quindi speriamo anche per cercare d’incontrare consumatori sempre più con meno quattrini e sempre più interessi più svariati.

 

Come ottimizzare le risorse e soprattutto come non farsi condizionare dal prezzo nella scelta dei vini?

Non farsi condizionare dal prezzo è impossibile, il prezzo condiziona, chiunque fa una scelta a ristorante. Di un vino, l’importante è che il prezzo sia sempre corretto, un conto è pagare 100 euro la bottiglia o 20, 10, ma non per questo dobbiamo scegliere sempre le cose più economiche. In genere il prezzo, poi, corrisponde alla qualità. Ma anche chi può spendere le 7 cifre non sempre sceglie vini costosi, ma serve l’equilibrio nelle scelte. Non tutti si godono un pranzo da 5 portate ma anche 3 e così via. Per questo nei vini è importante avere una proposta varia a più livelli.

 

Su cosa dovrebbe puntare il ristoratore in questo periodo in cui ci si è ormai abituati a convivere con la crisi?

Quello che è sempre gratis è la simpatia e l’accoglienza con l’educazione. Il consiglio è aumentiamo i sorrisi che anche quelli costano nulla e si apprezzano in un ambiente piacevole. C’è meno interesse in genere per delle cose molto elaborate, con più valore aggiunto di manodopera, di personale e così via. C’è un maggior ritorno alla sostanza, alla semplicità, a una certa impostazione nel piatto, ma non a scapito della materia prima, degli ingredienti che sono ben noti a una fetta della popolazione, il cliente è più preparato.

 

Ma il cliente è più preparato sul cibo o sul vino?

Forse sul vino il cliente più preparato perché il vino è più semplice da gestire, ognuno si porta a casa un vino da abbinare a 4 prodotti tipici, penso a chi vive nelle grandi città ha una variabile ancora ridotta sui prodotti tipici. I produttori sono così piccoli e molto lontani che spesso la materia prima è molto conosciuta solo a livello locale, il vino è più semplice, il vino viaggia più facilmente, il resto viaggia a fatica.

 

Tanto impegno per individuare uno chef emergente, per incoraggiare la ristorazione di qualità e poi d’estate bisogna convivere con il mordi e fuggi delle sagre che penalizza la ristorazione e fa bere alla gente di tutto. Un fenomeno da contrastare?

Alcune di queste sagre sono legate veramente a delle tradizioni a dei campanili che non è opportuno distruggere. È che spesso c’è un abuso per tenere tutto in sagra. Le sagre devono essere rispondenti al contesto locale importante. Evitiamo le sagre inutili.

 

L’esperienza con le guide enoiche e della ristorazione che cosa le hanno insegnato.

Le guide in genere hanno contribuito sicuramente a una crescita forte della ristorazione anche della cultura della popolazione, sono da anni distribuite e chi non ha mai letto una guida. Se sono ancora validissime o così via, è tutto da discutere, ma esistono ancora, e ancora resisteranno a lungo.

 

Di Vini Buoni cosa dire?

Ci tengo, ci credo. Il vino è l’asse portante della nostra ricchezza, i vini vanno difesi perché possono valorizzare il territorio da dove provengono, un’ottima scelta è quella di bere autoctoni e a Doc. Ma ci sono grandi vini non a Doc, ma nessuno ci potrà mai copiare per esempio un Pecorino o un Nero di Troia.

 

In elenco fra i coronati, per numero primeggiano come sempre Toscana, Piemonte e Veneto. Ma per qualità ci sono regioni che la esprimono senza avere la possibilità di avere maggiori spazi.

Tutta l’Italia del vino sta crescendo, il Molise o la Basilicata o altro, ognuno in proporzione, come tradizione, ampiezza di vigneti e cultura ci sono regioni che sono partite prima con estensioni grandi e per questo sono più note e più affermate. Ma c’è spazio per tutti.

E soprattutto il Sud negli ultimi anni e cresciuto da questo punto di vista. Chi fa un buon vino e fatto bene ha ottime possibilità di affermazione.

 

Il vino emergente del prossimo inverno. Un vino innovativo?

Nel vino più che l’innovazione cerco altre sensazioni, altri stimoli, credo che di vini veramentre buoni ce ne sono tanti, aumentano sempre di più. Le guide fanno anche fatica, perché prima i vini erano veramente pochi, adesso sono centinaria di etichette, la varietà e la qualità è aumentata, l’impegno di piccoli e grandi produttori è encomiabile, e il vino è una di quelle poche cose che sta andando e tiene alto il valore dell’Italia.

 

E. Cazzorla


23/01/2012

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